Amministratore di sostegno: il beneficiario deve essere ascoltato
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L'avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois affronta il tema dell'assistenza ad una persona, che per vari motivi, non è in grado di provvedere a se stessa anche parzialmente o temporaneamente
Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlare con voi di un argomento delicato che tuttavia riveste molto interesse, anche da parte della giurisprudenza, da sempre molto attenta al riguardo.
Sto parlando dell’amministratore di sostegno ovvero di uno strumento volto a tutelare tutte quelle persone che, per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovano nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
L’amministratore di sostegno, dunque, è stato introdotto nel nostro ordinamento per garantire una tutela anche a tutti quei soggetti che hanno delle difficoltà, per l’appunto anche parziali e temporanee, che non sono così gravi da rendere necessario il ricorso all’interdizione o all’inabilitazione.
Pensiamo, ad esempio, ad una persona anziana che, pur essendo in perfette condizioni fisiche, abbia un principio di demenza senile o, ancora, ad un soggetto affetto da una lieve patologia psichiatrica che alterna momenti di lucidità a momenti di sconforto, ma pensiamo anche ad un uomo che a seguito di un brutto incidente è costretto in ospedale per mesi, essendo quindi impossibilitato a provvedere ai propri interessi in prima persona.
In tutti questi casi, sarà possibile che, su istanza del beneficiario, del suo coniuge o convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del Pubblico Ministero o degli Assistenti Sociali, il Giudice nomini un amministratore di sostegno indicando tutti gli atti che questi deve compiere nell’interesse del beneficiario, mentre gli atti non espressamente indicati nel decreto di nomina potranno essere perfettamente compiuti in autonomia dall’amministrato.
Lo scopo principale dell’amministrazione di sostegno è quello di salvaguardare l’autodeterminazione del soggetto beneficiario, per tale intendendosi non solo la sua capacità di agire, ma anche la sua volontà, tant’è che l’art. 410 del Codice Civile prevede espressamente che nello svolgimento dei suoi compiti, l’amministratore deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
Nonostante l’ormai amplia applicazione dell’istituto in esame, sono ancora molteplici le controversie ad esso relative che quotidianamente si presentano nelle aule di giustizia.
Di recente, anche la Cassazione è intervenuta sul punto.
Il caso è quello di un uomo anziano, affetto da bipolarismo, per il quale i servizi sociali del Comune di residenza hanno chiesto al Giudice di nominare un Avvocato come amministratore di sostegno dello stesso.
In particolare, all’amministratore è stato riconosciuto il potere di gestire i conti correnti bancari e postali del beneficiario nonché di compiere in via esclusiva anche gli atti di ordinaria amministrazione, di fatto estromettendo totalmente il beneficiario dalla propria quotidianità.
L’uomo, però, non ci sta e propone un reclamo contro il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.
In particolare, l’anziano sostiene di assumere regolarmente farmaci per curare la propria patologia e di essere perfettamente in grado di gestire il proprio patrimonio, evidenziando altresì come avrebbe preferito che, eventualmente, fosse la propria sorella ad essere nominata come amministratore di sostegno.
Il reclamo viene però respinto e si arriva così in Cassazione, dove i Giudici, ricordano che nel procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno è di fondamentale importanza l’audizione del beneficiario, al fine di poter emanare un provvedimento congruo e moderato sulle esigenze dello stesso, evitando di comprimere inutilmente la sua libertà di agire.
In particolare, la volontà contraria alla nomina di un amministratore di sostegno che provenga da un soggetto perfettamente lucido o che presenti impedimenti soltanto dal punto di vista fisico, non può non essere considerata dal Giudice, che deve fare del rispetto del principio dell’autodeterminazione del soggetto il punto cardine della propria decisione.
Secondo la Cassazione, tuttavia, nel caso in esame questi principi non sono stati applicati, onde per cui si è reso necessario cassare la decisione con rinvio alla Corte di Appello competente, che sarà quindi chiamata a pronunciarsi nel merito.
COSA NE PENSO IO?
Credo che la libertà individuale sia il bene più prezioso per ognuno di noi e che la stessa debba essere rispettata e tutelata.
Il provvedere quotidianamente e personalmente alla gestione dei propri affari, oltre che ad essere un diritto, ha gli effetti di un elisir di lunga vita, soprattutto per le persone più anziane che hanno fatto dei loro piccoli gesti quotidiani delle certezze a cui aggrapparsi nell’incertezza del domani.
Proprio per l’importanza e la delicatezza delle libertà che coinvolge, l’amministrazione di sostegno deve essere valutata e calibrata scrupolosamente sulla base delle esigenze, ma anche e soprattutto, della volontà del singolo, onde scongiurare il pericolo che quello che è stato pensato come uno strumento di tutela, si riduca a strumento di soffocamento delle libertà individuali.
Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.dirittoetutelafois.com.
AVV. FULVIA FOIS