Giustizia riparativa: facciamo chiarezza
L'avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois affronta i dettaglia dell'istituto previsto dalla Riforma Cartabia, la bontà delle intenzioni, i limiti di applicazione
Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlarvi di un tema molto interessante ed estremamente attuale, ovvero la giustizia riparativa, argomento che fa davvero tanto discutere soprattutto alla luce della Riforma Cartabia che, per la prima volta, ha regolamentato l’istituto nel nostro ordinamento, nonché di rilevanti fatti di cronaca che hanno puntato i riflettori sulla bontà e sui limiti dell’istituto.
Ma cosa si intende quando si parla di giustizia riparativa? Sento spesso dire che ricorrendo alla giustizia riparativa si permette al reo di rimanere quasi impunito, ma è davvero così?
Il concetto di giustizia riparativa vede la luce a livello europeo e, in particolare, nella Direttiva 29/2012/UE, ove si afferma che per giustizia riparativa si intende “qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale.
È proprio da qui che inizia quindi a svilupparsi un’innovativa concezione di giustizia, figlia di un nuovo approccio alla fattispecie criminosa.
La ratio sottesa alla giustizia riparativa, infatti, è quella di superare la logica della mera punizione del colpevole per indagare, invece, il substrato sociale e psicologico dell’azione criminosa e ciò al fine di ottenere, come dice il termine stesso, una riparazione più profonda e completa del danno che il reato ha prodotto, inteso soprattutto come lesione delle dinamiche relazionali e fiduciarie tra il reo e la vittima – o i di lei familiari, nonché la responsabilizzazione del reo.
Ma come può avvenire concretamente questa riparazione?
Gli strumenti attraverso i quali la giustizia riparativa può trovare applicazione sono, in realtà molteplici, tutti accomunati dalla logica del dialogo riparativo.
Prendendo le mosse dal concetto di mediazione tra vittima e autore del reato, che può essere caratterizzata anche dall’invio di scuse formali alla persona offesa, si è arrivati a concepire forme di dialogo per così dire “allargate”, in cui gruppi di vittime si confrontano, per l’appunto, con un gruppo di autori di reato, cui esprimono le proprie esperienze e sensazioni di persone offese, così da far toccare con mano al reo il “frutto” della propria condotta, spesso deflagranti conseguenze che l’azione criminosa ha determinato nella persona della vittima, nella sua vita e in quella dei suoi familiari.
Ed è proprio la figura della vittima che detta le maggiori perplessità.
Sin dai primi accenni alla giustizia riparativa, infatti, non sono mancate le osservazioni di chi ha ritenuto che questo sistema, in qualche modo, imponga alla vittima di interfacciarsi con l’autore del reato, esponendola così al rischio di vittimizzazione secondaria.
Orbene, sul punto va precisato che la giustizia riparativa, in realtà, si fonda su una serie di principi tesi proprio alla salvaguardia della posizione della vittima stessa e della sua sensibilità.
Essenziale, infatti, al fine dell’attuazione del programma di giustizia riparativa è la partecipazione attiva, consensuale e volontaria dei soggetti coinvolti, cui si accompagnano, come obiettivi del percorso, il riconoscimento della vittima – che ha così l’occasione di palesare al reo le proprie sofferenze e di imporgli il confronto con la propria realtà anche sotto il profilo emozionale – e la cd. auto-responsabilizzazione del reo, intesa come possibilità per il soggetto autore del reato di comprendere non solo i motivi delle proprie azioni, ma anche e soprattutto la portata delle sofferenze cagionate, così da ingenerare in lui la genuina volontà di riparazione della vittima.
Ciò premesso ed al fine di avere una visione completa di tale strumento, è bene evidenziare che l’accesso ai programmi di giustizia riparativa è possibile in ogni stato e grado del processo – in caso di reato procedibile a querela, anche prima della proposizione della stessa – e per ogni tipologia di reato, a prescindere dalla fattispecie e dalla gravità e ciò a meno che lo svolgimento del programma stesso possa comportare un pericolo concreto per i partecipanti.
Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, nel corso del quale vittima e reo sono accompagnati da almeno due mediatori, il mediatore trasmette all’Autorità Giudiziaria una relazione attestante le attività svolte e l’esito positivo o negativo dello stesso, che potrà essere valutato dall’Autorità stessa al fine, ad esempio, della determinazione della pena, della concessione di benefici o della modifica di eventuali misure di sicurezza applicate, fermo restando che, nel caso in cui il programma non sia stato svolto o abbia avuto esito negativo, la condizione del reo rimarrà immutata, non potendo l’esito negativo dello stesso incidere in peius sulla condizione dell’autore del reato.
COSA NE PENSO IO?
Credo che i propositi sottesi all’applicazione della giustizia riparativa siano senz’altro buoni e, almeno astrattamente, suscettibili di garantire alla vittima il rispetto della propria dignità e al reo di fare un percorso rieducativo della propria consapevolezza anche in rapporto agli altri.
Ciò che viene da chiedersi, tuttavia, è quale sia la probabilità che questo strumento venga utilizzato in maniera opportunistica e sulla base di quali elementi sia possibile valutare se il programma svolto sia o meno andato – effettivamente e concretamente – a buon fine o si sia risolto, invece, in un nulla di fatto ed abbia avuto come unico risultato quello di aver posto la vittima a dover fronteggiare nuovamente demoni che pensava di aver sconfitto.
Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.
Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.
Avv. Fulvia Fois