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Bimbo morso da un cane: di chi è la responsabilità?

Care lettrici e cari lettori, questa settimana voglio parlare con voi di una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Civ, 26.06.2025, n. 17200) in merito al risarcimento del danno a seguito del morso di un cane.

Il caso è quello di un bambino che, nonostante la presenza dei genitori, riesce ad entrare in un recinto chiuso da un cancello con catena attorcigliata in cui è tenuto un cane al guinzaglio. Il piccolo inizia ad interagire insistentemente con l’animale, arrivando anche a colpirlo ripetutamente con un bastone.

Dopo qualche minuto, il cane reagisce mordendo il bambino provocandogli non solo lesioni fisiche ma anche ripercussioni psicologiche.

I genitori del piccolo agiscono dunque in giudizio contro il padrone del cane chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal figlio a seguito del predetto episodio.

Se in primo grado la richiesta risarcitoria viene accolta, i Giudici della Corte d’Appello competente ribaltano la decisione, ritenendo che il fatto sia da imputarsi esclusivamente ai genitori del danneggiato, responsabili di non aver adeguatamente vigilato sullo stesso.

In particolare, per i Giudici di secondo grado, il comportamento del minore ha costituito un fatto senz’altro idoneo ad integrare il caso fortuito ex art. 2052 c.c., sicché nessuna responsabilità poteva ascriversi al proprietario del cane.

Al contrario, dal momento che il minore non era accompagnato da adulti, secondo i Giudici erano i genitori a dover essere ritenuti responsabili del sinistro per omessa vigilanza.

Nelle more del procedimento, il bambino morso diventa maggiorenne e decide di impugnare la decisione della Corte d’Appello proponendo ricorso in Cassazione.

A suo dire, infatti, il diniego del risarcimento in favore dei genitori è del tutto illegittimo in quanto il cancello in cui era custodito l’animale non era chiuso con un lucchetto ma solo con una semplice catena attorcigliata, ragion per cui, in tali condizioni, la condotta di chiunque, a maggior ragione di un minore, non può costituire caso fortuito, quale evento imprevedibile, inevitabile o assolutamente eccezionale.

Ebbene la Corte, richiamando il dato normativo, nonché alcuni propri precedenti, evidenzia che la responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario di animale per i danni cagionati dallo stesso, trova un limite solo nel caso fortuito, ossia nell’intervento di un fattore esterno nella causazione del danno, che presenti i caratteri dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità e dell’assoluta eccezionalità.

A fronte di ciò, al danneggiato spetta esclusivamente provare la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per andare esente da responsabilità, deve provare la sussistenza del caso fortuito – ovvero di un fattore totalmente disancorato dalla sua sfera di controllo – non essendo sufficiente a tal fine la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell’animale.

La Suprema Corte ribadisce come il comportamento del danneggiato, anche a cagione dell’omessa vigilanza da parte dei genitori, è stato motivatamente ritenuto assolutamente imprevedibile e del tutto eccezionale, tale da interrompere il nesso di causalità tra l’aggressione dell’animale e il danno subito.

Ciò premesso, i giudici della Corte di Cassazione ritengono che il ricorso proposto dal danneggiato sia inammissibile in quanto volto ad effettuare una nuova valutazione dei fatti, attività non esperibile dalla Suprema Corte, che può intervenire esclusivamente sulla corretta applicazione della legge.

COSA NE PENSO IO?

Tralasciando ogni valutazione in merito all’ammissibilità del ricorso, credo che il caso suesposto ci fa riflettere sull’essenzialità di un controllo costante sui figli da parte dei genitori, il cui operato educativo e preventivo, in ogni circostanza di tempo e di luogo, è fondamentale e non può essere demandato ad altri soggetti.



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