Caso Whatsapp: quando l'informazione disinforma
WWW.DIRITTOETUTELAFOIS.COM - Il caso Whatsapp: quando l'informazione disinforma
L'avvocato Fulvia Fois racconta quanto è successo dopo i messaggi di Whatsapp agli utenti sulle modifiche dei termini e della normativa privacy, pena l'essere sbattuti fuori dall'app
Care lettrici e cari lettori,
questa settimana parliamo di quello che da qualche tempo sembra essere lo spauracchio di milioni di utenti che temono per la salvezza dei propri dati telefonici.
Negli ultimi giorni, infatti, si è tanto sentito parlare del “caso Whatsapp”: la piattaforma di messaggistica ha deciso di cambiare la propria normativa sulla privacy, scatenando il disappunto di milioni di utenti, che avranno tempo fino al 15 maggio per accettare le nuove condizioni o “essere sbattuti fuori dall’app”.
Molti di noi, forse, non ci hanno fatto caso ma qualche settimana fa la piattaforma di messaggistica Whatsapp ha inviato a tutti i suoi utilizzatori un messaggio relativo ad un’imminente modifica dei termini e dell’informativa sulla privacy, invitando gli stessi a prestare il proprio consenso entro l’8 febbraio 2021, pena l’impossibilità di continuare ad utilizzare l’applicazione.
La novità è stata ben presto vista dai prodi commentatori del web come un succulento argomento di discussione, il che ha reso possibile innescare la bomba del panico e del complottismo.
Tra le tesi più sostenute c’è quella del “monopolio”. Il fatto che Whatsapp, Facebook e Instagram appartengano allo stesso gruppo, ha portato molti di noi a pensare che le nuove modifiche altro non fossero che un escamotage per “passare” i dati degli utenti Whatsapp agli altri due social, permettendo così a questi ultimi di creare e mostrare agli utenti una serie di contenuti, pubblicità e post specificamente calibrati alle esigenze e agli interessi del singolo. In altre parole, la riforma dell’informativa privacy avrebbe fornito a Facebook e Instagram un “buco della serratura” attraverso il quale spiare le conversazioni, i contatti e i media degli utenti di Whatsapp.
L’ermetica comunicazione informativa del social, estremamente sintetica e comunque poco chiara, ha turbato anche il Garante della Privacy il quale, con una nota del 14 gennaio 2021 ha ritenuto che “dai termini di servizio e dalla nuova informativa non sia possibile, per gli utenti, evincere quali siano le modifiche introdotte, né comprendere chiaramente quali trattamenti di dati saranno in concreto effettuati”, riservandosi pertanto di “intervenire, in via d’urgenza, per tutelare gli utenti italiani e far rispettare la disciplina in materia di protezione dei dati personali” e di portare la questione all’attenzione dell’EDPB (Comitato Europeo per la Protezione dei Dati).
Dopo la strigliata, il social ha agito in difensiva: non solo il termine ultimo per l’adesione alla nuova informativa è stato posticipato al 15 maggio 2021, ma è stato anche specificato che le conversazioni e i media che gli utenti privati scambiano con amici e familiari rimarranno al sicuro in quanto le modifiche riguardano esclusivamente le aziende che utilizzano “Whatsapp Business”, garantendo al contempo che il social non tiene traccia delle persone contattate dall’utente, né condivide i suoi contatti o la sua posizione con altre piattaforme.
Ma cosa cambia allora per gli account aziendali?
Con un virtuosismo di genericità, Whatsapp ha spiegato che la nuova informativa è finalizzata a promuovere l’efficacia, la sicurezza e la semplicità nelle interazioni tra privati e aziende.
In particolare - strizzando l’occhio a quella che abbiamo definito “la tesi del monopolio” - il social ha chiarito che grazie a questi aggiornamenti “sarà più facile comunicare con le aziende che desiderano utilizzare i prodotti business di Facebook”, così come sarà più facile trovare attività e prodotti confacenti ai nostri gusti, grazie ad un meccanismo che permette di studiare il modo in cui l’utente interagisce con le inserzioni pubblicitarie che spesso compaiono proprio su Facebook o Instagram.
Ma non finisce qui!
Grazie alla nuova funzione “carrello”, le attività aventi uno shop su Facebook o Instagram potranno vendere i loro prodotti anche sul proprio profilo WhatsappBusiness.
Nonostante non si possa nascondere un po’ di effettiva preoccupazione – e, in verità, anche di confusione - su come i dati degli utenti vengano realmente trattati e palleggiati tra questi tre titani del social network, va comunque detto che i cittadini europei possono dormire sonni tranquilli: i loro dati sono protetti dal regolamento Generale per la Protezione dei Dati, meglio conosciuto come GDPR - il quale permette a Whatsapp di utilizzare i dati degli utenti solo per finalità connesse all’erogazione del servizio – e pertanto non dovrebbero essere interessati dalle nuove disposizioni.
Ergo, nulla cambierà per noi.
Ciononostante, questa vicenda ci porta inevitabilmente a riflettere e ad osservare come l’utilizzo di terminologie particolarmente tecniche, o estremamente generiche, sia evidentemente un non troppo acuto tentativo di appannare la trasparenza della comunicazione e dell’informazione cui ogni utente ha diritto.
Sono fermamente convinta che ognuno di noi sia responsabile di se stesso e in quanto tale debba informarsi adeguatamente, aggiornarsi e scegliere consapevolmente come agire ma è innegabile che anche gli operatori (Facebook, Instagram, Whatsapp…) debbano agevolare questa operazione ed essere chiari.
Resta da sperare che anche se le nuove misure non riguarderanno i cittadini europei, le osservazioni del Garante della Privacy non rimangano inevase e si possa finalmente concretizzare il diritto ad un’informazione concisa, trasparente, intellegibile e facilmente accessibile.
Se avete delle domande o volete suggerirmi un argomento di cui parlare, potete farlo contattandomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o visitando il sito www.dirittoetutelafois.com o studiolegalefois.it.
AVVOCATO FULVIA FOIS