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Circonvenzione di incapace: di che cosa si tratta?

Circonvenzione di incapace: di che cosa si tratta?

L'avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois affronta il delicato tema che può interessare molte famiglie, soprattutto quelle con anziani

Care lettrici e cari lettori, questa settimana voglio parlarvi di un argomento davvero particolare.

Avete mai sentito parlare di anziani che lasciano tutti i loro averi a soggetti estranei? E che dire dei tanti casi di cronaca che ci parlano di vere e proprie truffe a danno di soggetti deboli quali anziani ed incapaci?

Con la rubrica di questa settimana voglio approfondire proprio questo tema e scoprire come tutelare voi stessi e i vostri cari contro la circonvenzione di incapace.

Il reato di circonvenzione di incapace è disciplinato dall’art. 643 del Codice Penale, che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 206 a 2.065 euro “chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso”.

Da ciò emerge quindi che ai fini della sussistenza del reato, è necessario che l’agente approfitti subdolamente della condizione di inferiorità psichica della vittima e la persuada a compiere atti che per lei sono pregiudizievoli ma che in realtà portano vantaggio all’autore del reato e a soggetti terzi.

Molti potranno pensare che lo stato di inferiorità psichica coincida con la pronuncia di interdizioni o inabilitazione: non è così.

La giurisprudenza ha avuto infatti modo di sottolineare che per considerare integrato il reato in esame non è necessaria la totale privazione della capacità di intendere e di volere, essendo rilevante anche la semplice diminuzione della stessa, dovuta ad esempio alla vecchiaia o alla malattia.

È proprio questa la conclusione cui è pervenuta la Corte di Cassazione in una recente pronuncia.

Il caso è quello di una donna condannata per aver costretto un anziano uomo dapprima ad effettuare molteplici ricariche PostePay in suo favore e, poi, a contrarre con lei un matrimonio in comunione dei beni, evento a seguito del quale la donna aveva poi dato vita ad una serie di atti di sottrazione patrimoniale in danno dell’uomo.

Dopo la condanna, confermata anche in Appello, la donna aveva proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione, adducendo che il reato non poteva ritenersi integrato dal momento che l’uomo non era incapace di intendere e volere.

Sul punto, tuttavia, la Suprema Corte, riprendendo una precedente pronuncia ha evidenziato che “anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica e indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione e pressione” e quindi anche un’infermità psichica o deficienza psichica anche meno grave dell’incapacità, ma suscettiva di porre la persona offesa in una condizione tale che ne affievolisca le capacità critiche, possono essere presupposto per l’integrazione del reato a seguito del quale gli atti compiuti dalla vittima – come, ad esempio, un eventuale testamento – possono essere dichiarati nulli.

COSA NE PENSO IO?

Credo che sia importante prestare attenzione a qualsiasi piccolo segnale che ci possa far pensare che un nostro caro possa cadere vittima di questo subdolo reato.

In questi casi, poi, è importante ricordare che il modo migliore di agire è quello di raccogliere le prove di eventuali raggiri o pressioni che i nostri cari stanno subendo così da poter presentare querela e tutelare efficacemente i loro diritti.

Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.

                                                                                                                                                                                                                                                                                         Avv. Fulvia Fois

 



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