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Il reato di diffamazione sussiste anche in presenza della vittima?

Care lettrici e cari lettori,

questa settimana voglio parlarvi di un argomento molto interessante relativo al reato di diffamazione e, più in particolare, alla configurabilità del reato stesso in caso di presenza della persona offesa.

L’art. 595 del Codice Penale, nel disciplinare il reato di diffamazione, punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro, chiunque comunicando con più persone offende l’altrui reputazione.

Lo stesso articolo prevede, poi, un aumento della pena nel caso in cui l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato ovvero se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, anche tramite social (cd. diffamazione aggravata on-line) ovvero in atto pubblico o, ancora, se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio.

Affinché una condotta potenzialmente diffamatoria possa avere rilevanza penale ai sensi dell’art. 595 c.p., è necessario che siano rispettati determinati requisiti, anche detti elementi costitutivi del reato di diffamazione.

Come possiamo ben immaginare, il primo requisito è che le parole utilizzate (eventualmente anche pubblicate in un post, in un commento o in una recensione, in una e-mail o in un messaggio Whatsapp) abbiano carattere dispregiativo e che siano dunque suscettibili di ledere la reputazione, l’onore e il decoro della persona offesa, attribuendo qualità sfavorevoli alla stessa.

Non solo. Al fine dell’integrazione del reato è necessario che il contenuto diffamatorio sia comunicato a più persone – anche non contemporaneamente.

Terzo fondamentale requisito per la sussistenza del reato di diffamazione è l’assenza della persona offesa.

L’assenza della persona offesa, da intendersi come impossibilità della stessa di apprendere immediatamente il contenuto offensivo, è l’elemento distintivo tra il reato di diffamazione ed il depenalizzato reato di ingiuria.

Ciò premesso, verrebbe da pensare cheil reato di diffamazione possa dirsi integrato esclusivamente in assenza della persona offesa.

Ma è davvero così?

La questione si fa molto interessante soprattutto in riferimento a tutte quelle ipotesi in cui la persona offesa, pur presente, non ha immediata contezza delle espressioni offensive rivolte nei suoi confronti.

Pensiamo, ad esempio, al caso di un soggetto che invii una e-mail dal contenuto altamente lesivo dell’onore, decoro e reputazione di una persona ad una mailing list di cui fa parte anche quest’ultima.

Ma ancora, pensiamo al caso in cui un messaggio diffamatorio venga inviato su un gruppo Whatsapp di cui fa parte la persona offesa.

In queste ipotesi in cui la persona offesa è, seppur virtualmente, presente, la diffamazione sussiste oppure no?

La questione è stata più volte trattata dalla giurisprudenza, la quale ha sancito che il reato di diffamazione si configura quando il messaggio può essere letto da più persone, anche se tra di esse vi è la persona offesa (Cassazione penale sez. V, 23/01/2024, n.17141).

È stato infatti evidenziato che: “Nonostante il social network (…) sia costituito da una moltitudine di utenti iscritti, che astrattamente possono accedervi ovunque e in ogni momento, ciò non vuol dire che nel momento in cui viene pubblicato qualsivoglia post e/o commento, la persona interessata lo percepisca immediatamente e personalmente. Anzi, è proprio la potenziale connessione in ogni luogo e tempo a imprimere particolare potenzialità lesiva alla condotta. Se, invero, la fattispecie è diretta a tutelare la posizione del soggetto che, assente, non è messo nelle condizioni di difendersi, le caratteristiche intrinseche del social network rendono verosimile che il commento offensivo, una volta pubblicato, raggiunga all’istante una platea particolarmente ampia di soggetti prima di giungere al destinatario” (Tribunale di Ferrara n. 691/2022).

Sul punto, tuttavia, è bene precisare l’orientamento giurisprudenziale per cui, tendenzialmente, viene riconosciuto il reato didiffamazione quando il messaggio inviato non è stato immediatamente percepito dalla vittima ovvero quando la stessa era “offline” mentre, sela persona offesa ha subito avuto contezza del contenuto diffamante il fatto potrebbe essere riqualificato come ingiuria.

COSA NE PENSO IO?

Non condivido pienamente questo orientamento giurisprudenziale.

Devo infatti evidenziare che, anche se il contenuto diffamante viene – subito o quasi – appreso dalla persona offesa, ciò non toglie che lo stesso possa essere stato, contemporaneamente, visto e magari condiviso da altri soggetti, circostanza che rende evidente la potenziale portata lesiva di una simile condotta.

Ritengo dunque necessario e giusto un cambio di prospettiva che tenga maggiormente conto della vittima del reato e delle conseguenze negative che simili condotte possono avere sulla sua vita.

Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.

Avv. Fulvia Fois



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