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INDENNIZZATA LA CADUTA IN CASA COME INFORTUNIO SUL LAVORO

WWW.DIRITTOETUTELAFOIS.COM - L'Inail indennizza l'infortunio in casa durante lo smart working. Primo caso in Italia

L'avvocato Fulvia Fois presenta la recente decisione di Inail destinata ad imporsi quale pietra miliare della disciplina degli infortuni sul lavoro

L’INAIL INDENNIZZA LA CADUTA IN CASA COME INFORTUNIO SUL LAVORO: E’ IL PRIMO CASO IN ITALIA


Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlare con Voi di una recente pronuncia dell’Inail che è davvero destinata ad imporsi a tutti gli effetti quale pietra miliare della disciplina degli infortuni sul lavoro.
Il caso oggetto della pronuncia è quello di una impiegata che, durante lo svolgimento della propria attività lavorativa in modalità di smart-working - ovvero lavorando da casa – nel corso di una telefonata con un collega, scivola sulle scale della propria abitazione procurandosi contusioni e fratture che la costringono a recarsi al pronto Soccorso.
La donna decide dunque di inviare tutta la documentazione medica all’Inail il quale, inizialmente, respinge la richiesta di indennizzo.
La dipendente, tuttavia, consapevole dei propri diritti, non si arrende ed anzi, grazie al supporto di un ente di patronato, presenta ricorso amministrativo all’Inail il quale, dopo l’iniziale rifiuto, riconosce che l’accidentale caduta della donna è a tutti gli effetti riconducibile ad un infortunio sul lavoro e, in quanto tale, indennizzabile con una somma di circa 20.000 euro.

Vi sembra assurdo?
Eppure parrebbe non esserci nulla di strano.
È lo stesso Inail, infatti, che in un comunicato del 2 febbraio 2021 prevede espressamente la possibilità che anche i lavoratori agili – ovvero coloro che svolgono la propria attività lavorativa in regime di smart working – possano comunicare e denunciare gli infortuni sul lavoro… o sulle scale.
In effetti, anche la definizione di infortunio sul lavoro parrebbe deporre in tal senso.
Per infortunio sul lavoro, infatti, si intende un evento traumatico originato da una causa violenta durante l’attività lavorativa o in occasione del lavoro, ovvero in una situazione riconducibile allo svolgimento dell’attività lavorativa - come può essere, ad esempio, la telefonata ad un collega – purché sussista un collegamento tra il proprio lavoro e l’evento che causa la lesione.
Dal momento che lo smart working non è un diverso rapporto di lavoro ma semplicemente configura una diversa modalità di svolgimento dell’attività lavorativa per cui il lavoratore – ci si augura – è già assicuratonon si vede perché all’interno delle mura domestiche non debbano operare le stesse tutele previste in ufficio, in azienda o in fabbrica, a patto – s’intende – che sussistano i requisiti per l’indennizzabilità, ovvero che l’infortunio si verifichi durante o in occasione dell’attività lavorativa, che i danni fisici riportati comportino un’inabilità lavorativa superiore a tre giorni e che il dipendente non abbia contribuito al verificarsi dell’evento.

Il diritto all’indennizzo spetta anche in caso di infortunio in itinere, per tale intendendosi quello che si realizza nel corso dello spostamento tra l’abitazione e il luogo di lavoro o tra due luoghi di lavoro differenti.
Potrebbe ben darsi, infatti, che un lavoratore ritenga più comodo andare a lavorare in una biblioteca, al parco o comunque in luogo diverso dalla propria abitazione purché dichiarato al datore di lavoro.
In questo caso, il lavoratore in smart working che subisca un infortunio durante lo spostamento da o per questi luoghi, avrà diritto all’indennizzo qualora la scelta del luogo di lavoro sia stata effettuata per esigenze connesse all’attività stessa o in base alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.

COSA NE PENSO IO?
Credo che non vi sia alcun motivo per escludere al lavoratore in smart working il diritto ad avere le le stesse tutele di cui normalmente gode nell’ambiente lavorativo.
Il fatto che il dipendente si trovi a casa propria anziché in ufficio non può essere valutato come un elemento di comodità e di certo non deve essere considerato una causa di esclusione della tutela ad esso normalmente riconosciuta.
Oltre a ciò, occorre considerare che ad oggi sono circa 6 milioni i lavoratori italiani in smart working e sarebbe pressoché impossibile, oltre che ingiusto, non riconoscere loro la possibilità di esercitare i propri diritti soprattutto in ipotesi di infortunio.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.dirittoetutelafois.com.

                                                                                                                                                                                                                                                             Avvocato Fulvia Fois
 



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