La responsabilità del ristoratore per i danni ai clienti: ecco cosa c'è da sapere
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L'avvocato Fulvia Fois spiega perché il ristoratore è sempre responsabile dei danni anche fortuiti subiti dagli avventori
Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlarvi di un caso che ha fatto molto discutere e in relazione al quale l’opinione pubblica si è letteralmente schierata in fazioni opposte. Mi riferisco ai danni causati ai clienti di ristoranti e pizzerie in generale. Quando e quali danni si devono risarcire?
Immaginiamo una pizzeria gremita di avventori, la sala percorsa da frenetici camerieri che - facendo attenzione a schivare i bambini che giocano e corrono per il locale - cercano di lavorare e servire i clienti il prima possibile. Uno dei bimbi, correndo, urta una cameriera: è un attimo; la ragazza perde l’equilibrio e la pizza bollente che stava servendo cade sul braccio di una bambina, ustionandola.
Quante volte ci è capitato di assistere a scene simili? (Mi auguro non molte ma talvolta vi sarà capitato).
Non è inusuale vedere ristoranti che improvvisamente si trasformano in piste per macchinine, sale da gioco o piste da ballo ma a fronte della spensieratezza e dell’allegria dei piccoli clienti, finiamo per sorridere e non pensiamo, invece, alle conseguenze che potrebbero derivare dalle loro innocenti condotte.
Quello esposto in apertura non è frutto dell’immaginazione, bensì un caso realmente accaduto nel 2007 e sul quale di recente si è pronunciata anche la Corte di Cassazione con la sentenza 9997/2020.
In particolare, all’epoca dei fatti, i genitori della bambina hanno convenuto in giudizio il proprietario del ristorante chiedendogli contestualmente il risarcimento dei danni patiti: mentre in primo grado la domanda è stata rigettata, la Corte di Appello di Roma ha ritenuto invece che il ristoratore fosse responsabile dei danni subiti dalla piccola cliente, condannandolo a pagare un risarcimento di 30.000 euro.
La decisione trae spunto dal concetto di contratto di ristorazione: secondo i giudici, infatti, chi accede ad un ristorante affida la propria persona al gestore dello stesso, il quale deve garantire l’incolumità fisica del cliente - similmente a quanto avviene, quindi, nei contratti di trasporto, di albergo o di ospedalità - per cui il ristoratore è da ritenersi responsabile per i danni subiti dagli avventori, a meno che riesca a dimostrare che il fatto è stato determinato da un evento improvviso ed imprevedibile.
Bene, direte voi, un bambino che correndo urta una cameriera è, di fatto, qualificabile come “imprevedibile ed improvviso”, ma come spesso accade, le cose non sono così semplici come sembrano.
Secondo i giudici, infatti, la circostanza che nel locale vi fossero bambini per così dire “vivaci”, doveva mettere in allerta il ristoratore e lo stesso, dovendo prevedere la possibilità che un cameriere fosse urtato durante il servizio, avrebbe dovuto prendere opportune cautele per evitare il peggio.
Tuttavia, investita della questione, la Corte di Cassazione non ha mancato di rilevare alcuni profili di criticità nella decisione della Corte di Appello.
In primo luogo, riprendendo il concetto di “diligenza del buon padre di famiglia” ex art. 1176 c.c., è stato evidenziato che nel determinare la prevedibilità o meno del caso fortuito, occorre fare riferimento alla diligenza del ristoratore medio: costui avrebbe potuto prevedere l’urto? Avrebbe potuto agire diversamente, ad esempio chiedendo al bambino di rimanere composto a tavola?
Alla luce di questi interrogativi, la Corte ha riscontrato delle lacune di accertamento nella decisione impugnata, in quanto i giudici “hanno aprioristicamente escluso il caso fortuito senza accertare se quel caso fortuito fosse prevedibile o evitabile”: in altre parole, non è stato appurato in cosa consistesse, effettivamente, la condotta del bambino, da quanto durasse, né se vi fossero stati richiami all’ordine da parte del gestore.
Inoltre, secondo la Suprema Corte, manca l’individuazione dell’effettivo danno subito dalla bambina, con particolare riferimento alla natura e all’entità dello stesso.
Al di là degli aspetti prettamente giuridici, quello che dobbiamo indagare, in questo caso, è il grado di responsabilità richiesto al ristoratore.
Facciamo una piccola riflessione al riguardo confrontando il caso in esame con un altro simile risalente al 2003.
È la notte di Capodanno e all’interno di un ristorante, alcuni avventori pensano di festeggiare lanciando i piatti a terra, fino a quando un cliente viene colpito all’occhio da una scheggia di ceramica.
In questo caso i giudici hanno ritenuto che il ristoratore non può essere responsabile delle lesioni che sono derivate a un cliente dall’attività di terzi in quanto “non può ritenersi che rientri tra le obbligazioni a carico del gestore del ristorante l’obbligo di far cessare ogni attività pericolosa posta in essere dagli avventori”.
Con la sentenza n. 9997/2020 la Cassazione sembra però aver invertito il senso di marcia, stabilendo implicitamente che il ristoratore non può e non deve permettere che la condotta dei propri clienti, ancorché bambini, possa danneggiare gli altri avventori.
Fermo restando l’indiscutibile dovere di garantire l’incolumità fisica del cliente, il caso trattato ci invita a riflettere su quali siano i limiti di tale responsabilità e soprattutto se la stessa, per la sua ampiezza, non trascenda i limiti dell’attività ristorativa, sconfinando così nell’opera di educazione e sorveglianza propria del genitore.
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Avv. Fulvia Fois