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Se il medico sbaglia e muore il paziente, a chi spetta il risarcimento? Alla moglie o all'amante?

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L'avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois affronta il tema del danno parentale da errore medico alla luce di una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione

Care lettrici e cari lettori,
questa settimana voglio parlarvi di una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione che sta facendo molto discutere e che è destinata ad essere motivo di numerosi contrasti.
Il caso è quello di un uomo che, a seguito di un delicato intervento chirurgico, muore a causa di un errore medico.
La moglie della vittima agisce quindi in giudizio contro la struttura sanitaria chiedendo il risarcimento del cosiddetto danno parentale, corrispondente alla sofferenza patita a seguito della perdita di una persona cara determinata da fatto illecito.
Tuttavia, secondo i Giudici, il diritto della vedova ad ottenere il risarcimento sarebbe quantomeno controverso.

Il motivo?
Semplice, da anni l’uomo aveva una relazione extraconiugale.
Tale circostanza, in particolare, metterebbe in discussione l’effettività del rapporto tra i coniugi e, conseguentemente, il diritto della donna ad ottenere l’ingente risarcimento che, riconosciutole in primo grado, era stato poi ridotto, seppur parzialmente, in Appello.
L’incertezza era stata resa ancor più profonda dal fatto che la donna, sentita dal Giudice, non era stata in grado di fornire elementi importanti come, ad esempio, l’indirizzo della residenza coniugale e che la coabitazione non era stata provata in alcun modo.
Insomma, la genericità delle informazioni fornite dalla donna, unitamente alla presenza di una stabile relazione extraconiugale del marito, dimostrerebbe un affievolimento ed allentamento del rapporto coniugale tale da rendere quantomeno dubbia la legittimità della pretesa della donna.

Fondamentale, in tal senso, anche la valutazione dell’impatto che la morte del marito ha avuto sulla ricorrente, la quale, dopo pochi anni dal lutto, aveva avuto un figlio da un altro uomo con cui era anche andata a convivere.
Secondo la Corte, quindi, si tratta di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine all'assenza o, quantomeno, ad una minore intensità, del concreto vincolo affettivo esistente tra i coniugi, che devono necessariamente essere considerati per valutare non solo l’ammontare del risarcimento ma anche il diritto allo stesso in capo alla donna.

IO COSA NE PENSO?
Ritengo che non basti un documento per fare famiglia.
Mi spiego meglio. Penso che il diritto ad ottenere il ristoro dei danni a seguito di una morte spetti non tanto a chi è legato a questa persona da un vincolo giuridico, ma a chi ha uan relazione affettiva vera, concreta e stabile.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.dirittoetutelafois.com.

                                                                                                                                                                                                                 AVV. FULVIA FOIS

 



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