Sharenting: il fenomeno che divide le famiglie
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L'avvocato del Foro di Rovigo Fulvia Fois approfondisce una pratica che potrebbe rivelarsi insidiosa, quella di condividere immagini della privata quotidianità sui social network
Care lettrici e cari lettori,
quante foto e video vediamo di bimbi che dormono in posizione buffe, che ballano, fanno il bagnetto, mangiano o sono seduti sul vasino?
Si tratta di momenti intimi e teneri che però mamma e papà vogliono condividere con parenti e amici, dando vita al cd Sharenting, termine derivante dalla fusione di share (condividere) e parenting (essere genitori), con cui si indica il fenomeno di una condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli e che, spesso, può causare veri e propri scontri familiari.
Si tratta di una pratica davvero diffusissima che porta tantissimi genitori a pubblicare spesso contenuti relativi ai propri figli ma senza il consenso di questi ultimi che, per la tenera età, o perché non ancora in grado di comprendere completamente la realtà dei social, non sono in grado di fornire un consenso pieno e consapevole in tal senso.
Sembrerebbe una banalità, qualcosa che fa sorridere, ma in realtà lo sharenting può essere più complicato ed insidioso di quanto sembra.
Al riguardo Save The Children ha infatti evidenziato che la pubblicazione di foto e video che spesso, a cuor leggero, riteniamo semplicemente buffi e teneri, può comportare diverse problematiche anche a lungo termine.
Per fare un esempio, condividendo una foto imbarazzante del nostro bimbo, rischiamo non solo di violare la sua privacy, ma anche di provocare in lui pesanti ripercussioni psicologiche, senza tener conto del rischio di diffondere contenuti utili ad alimentare materiali pedopornografici o del rischio di aumentare le possibilità di adescamento da parte di malintenzionati.
Occorre infatti prendere consapevolezza che una volta immessa un’immagine o un video sul web, di fatto perdiamo completamente il controllo della stessa e, anche se la cancelliamo dal nostro profilo Instagram o Facebook, quel post continuerà a circolare nella rete internet, con la conseguenza che, anche quando nostro figlio avrà 40 anni e andrà in ufficio in giacca e cravatta, circolerà ancora una sua foto da bebè mentre fa il bagnetto.
Trattasi di una circostanza che può non far piacere a tutti ed infatti negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dei casi in cui i piccoli protagonisti dei post, una volta cresciuti, fanno causa ai genitori chiedendo di essere risarciti per i danni che quelle foto in culla o sul vasino hanno cagionato loro.
Ma non finisce qui.
Può infatti capitare che uno dei genitori non sia d’accordo a che l’altro condivida sui social le immagini dei propri figli minori.
È solo di qualche mese fa l’ordinanza del Tribunale di Trani con cui i Giudici, su istanza del padre di una minore, hanno condannato una madre non solo a rimuovere i video pubblicati su TikTok in cui veniva ripresa anche la figlioletta di nove anni, ma anche a versare una somma di 50 euro sul conto della bambina per ogni eventuale giorno di ritardo nella rimozione.
Il Tribunale evidenzia infatti che l'inserimento di foto di minori sui social network costituisce un comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non.
In forza di ciò, concludono i Giudici, la diffusione di immagini fotografiche dei propri figli minori di anni 16 necessita del consenso di entrambi i genitori – e non, invece, dei figli stessi – senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore.
Questo si spiega alla luce dell’art. 38 del GDPR, il quale sancisce che i minori, proprio in quanto meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia dei loro dati personali, meritano una specifica protezione.
E chi, se non il genitore, deve garantire siffatta tutela?
Come fare allora?
Bastano piccoli accorgimenti, ad esempio:
- Informarsi sulle politiche di privacy dei vari social ed impostare notifiche per essere avvisati di quando il nome dei nostri figli viene digitato nei motori di ricerca;
- Evitare di pubblicare foto che ritraggono direttamente il volto del bambino ed evitare anche immagini intime (es. bagnetto, vasino…);
- Non fornire troppe informazioni sulle abitudini e la quotidianità dei nostri figli;
- Chiedere sempre il consenso all’alto genitore o, se i nostri figli hanno più di 16 anni, direttamente a loro.
COSA NE PENSO IO?
Credo che ogni genitore, nel guardare i propri figli, provi un immenso amore e orgoglio che sente l’impulso di condividere con tutti.
Tuttavia, proprio per l’amore che proviamo per loro, dobbiamo capire che anche dietro i nostri gesti più semplici possono nascondersi delle insidie per i nostri bambini.
Informiamoci e tuteliamo i nostri ragazzi ma, soprattutto, pensiamo che forse ricordi così preziosi dovremmo custodirli gelosamente solo per noi.
Ditemi cosa ne pensate Voi, potete suggerirmi argomenti e questioni affrontare scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.dirittoetutelafois.com o www.studiolegalefois.it
Avv. Fulvia Fois