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Amministratore di sostegno infedele: quali responsabilità?

Care lettrici e cari lettori, questa settimana voglio parlare con voi delle responsabilità può incorrere l’amministratore di sostegno che “non si comporta bene” nei confronti dell’amministrato e non cura i suoi interessi.

Innanzitutto, occorre tenere presente che l’amministratore di sostegno è una figura introdotta allo scopo di tutelare le persone che, a causa di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, anche parziale o temporanea, si trovano nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, sempre garantendo il più possibile la libertà individuale del singolo.

Infatti, i poteri dell’amministratore di sostegno sono individuati di volta in volta a seconda del caso specifico e in base alle esigenze e alle necessità del soggetto interessato al fine di limitare il meno possibile la capacità di agire della persona, consentendole di compiere autonomamente tutti gli atti per i quali non è necessaria la rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore.

Ma cosa accade se l’amministratore di sostegno, lungi dall’agire nell’interesse del soggetto amministrato, tiene condotte che gli possono essere pregiudizievoli?

In particolare, a quali profili di responsabilità si espone l’amministratore di sostegno che agisce contro l’interesse del soggetto amministrato?

Per dare risposta a questa domanda è opportuno, in primo luogo, chiarire che l’amministratore di sostegno è un pubblico ufficiale.

Per pubblico ufficiale si intende un soggetto che svolge una pubblica funzione elemento che, nel caso dell’amministratore di sostegno, può essere ravvisato nell’obbligo di assistenza che l’amministratore ha nei confronti del soggetto amministrato.

Ebbene, l’amministratore di sostegno, in quanto pubblico ufficiale, può essere ritenuto responsabile, oltre che dei reati cd. “comuni”, anche di altre peculiari fattispecie di reato a seconda delle condotte poste in essere.

Tipica fattispecie di reato di cui l’amministratore di sostegno può essere ritenuto responsabile è il peculato, punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi, che si realizza quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilitàdi denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria.

Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che integra il reato di peculato la condotta dell’amministratore di sostegno che, essendo abilitato ad operare sul libretto di deposito postale intestato all’amministrato, si appropria delle somme di denaro giacenti sullo stesso per finalità non autorizzate e comunque estranee agli interessi dell’amministrato (Cassazione penale sez. VI, 14/05/2024, n.23205).

Allo stesso modo, commette peculato anche l’amministratore di sostegno che si trattiene un compenso dalle disponibilità del soggetto amministrato senza autorizzazione del Giudice Tutelare.

Ma non finisce qui.

L’amministratore di sostegno potrebbe essere chiamato a rispondere anche del reato di omissione di atti d’ufficio nel caso in cui non rediga il rendiconto annuale.

In questo caso, la pena è della reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Oltre a ciò, l’amministratore di sostegno può essere chiamato anche al risarcimento del danno in favore dell’amministrato in caso di cattiva gestione del patrimonio, se commette gravi omissioni che arrecano pregiudizio all’amministrato o per aver agito andando oltre i poteri che gli sono stati conferiti.

COSA NE PENSO IO?

Essere chiamati a gestire gli interessi di una persona in condizione di fragilità richiede attenzione, correttezza e rispetto delle regole. Ogni scelta – anche quella che può sembrare formale o secondaria – ha conseguenze reali e comporta inevitabilmente delle responsabilità.

Per questo, è importante agire con competenza, responsabilità e soprattutto umanità.



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