Assegno di mantenimento: spetta anche se i coniugi non convivono?
Care lettrici e cari lettori, questa settimana voglio approfondire con voi un tema che può sembrare conosciuto ma in merito al quale, in realtà, possono sorgere tantissimi quesiti.
Sto facendo riferimento all’assegno di mantenimento in favore del coniuge e, in particolare, al diritto di attribuzione dello stesso in favore del coniuge non convivente.
In primo luogo, preme chiarire che l’assegno di mantenimento è una somma di denaro riconosciuta, nell’ambito di una separazione al coniuge più debole affinché possa provvedere al proprio sostentamento conformemente al tenore di vita goduto nel corso del matrimonio.
Da questa definizione è possibile comprendere come sia da escludere qualsiasi possibile estensione dell’istituto anche all’ipotesi di cessazione della convivenza di fatto.
Va infatti evidenziato come, nell’ipotesi di crisi della coppia non sposata, il convivente economicamente più debole non avrà alcun diritto a percepire un contributo mensile a titolo di assegno di mantenimento, a meno che tale diritto non sia autonomamente stabilito dalle parti all’interno di un contratto o patto di convivenza.
Ma cosa accade se, nel corso della vita coniugale, marito e moglie non hanno convissuto?
In questo caso, il coniuge non convivente che in sede di separazione chiede il riconoscimento di una somma di denaro in suo favore, ha diritto o meno a percepire quella somma?
Nel rispondere, occorre prendere le mosse dall’art. 156 del Codice Civile, il quale afferma che, nel pronunciare la separazione, il Giudice stabilisce a vantaggio del coniuge cui la stessa non sia addebitabile, il diritto di ricevere quanto necessario al suo mantenimento qualora non abbia adeguati redditi propri.
Il summenzionato articolo altro non fa che evidenziare i requisiti necessari per il riconoscimento del contributo, tra i quali non risulta menzionata la convivenza tra coniugi.
Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione la quale, oltre a precisare che il diritto al mantenimento del coniuge non richiede, per il suo riconoscimento, l’effettiva convivenza tra le parti, ha evidenziato come proprio il fatto che marito e moglie non convivano, può dipendere da particolari esigenze e scelte che i coniugi hanno compiuto nel corso della vita coniugale e non necessariamente escludenti la comunione materiale e spirituale tra gli stessi.
A fronte di ciò, la richiesta dell’assegno di mantenimento risulta legittima nel caso in cui il Giudice accerti che, nonostante la mancata convivenza tra coniugi, si sia instaurato tra gli stessi il vincolo matrimoniale, cui consegue la permanenza del dovere di assistenza familiare in sede di pronunciata separazione.
COSA NE PENSO IO?
Credo che ogni matrimonio rappresenti una realtà a sé stante, in cui i coniugi possono e devono sentirsi liberi di fare le scelte più rispondenti alle proprie esigenze, senza il timore che da queste possa derivare una compromissione dei diritti agli stessi attribuiti dalla legge in caso di separazione o divorzio.
Subordinare il riconoscimento dell’assegno di mantenimento ad una circostanza quale l’effettività della convivenza, rimessa all’esclusiva e libera scelta dei coniugi, significherebbe operare implicitamente una illegittima distinzione tra “matrimoni di serie A e matrimoni di serie B” che solo rispettando l’orientamento adottato dalla Suprema Corte è possibile evitare.
Avv. Fulvia Fois