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Si converte e cambia religione, posso chiedere la separazione? (con addebito)

Si converte e cambia religione, posso chiedere la separazione? (con addebito)

La Costituzione garantisce il diritto di fede, ma il codice civile stabilisce i doveri coniugali scaturenti dal matrimonio. L'avv. Fulvia Fois del Foro di Rovigo affronta il caso tra coniugi

Care lettrici e cari lettori,

questa settimana voglio parlarvi di un tema molto delicato ma comunque estremamente interessante, in relazione al quale anche la Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata.

Sto parlando del caso in cui uno dei coniugi decida di convertirsi ad una nuova religione e della possibilità che il fatto di abbracciare un nuovo credo possa essere motivo di addebito della separazione.

In primo luogo è bene chiarire che l’art. 19 della Costituzione garantisce il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Oltre a ciò, è espressamente previsto che nessuno possa essere discriminato a causa del proprio credo, ragion per cui parrebbe pacifico che la conversione del coniuge, attenendo ad uno dei diritti costituzionalmente tutelati dell’individuo, non possa di per sé essere considerata come un possibile motivo di addebito della separazione.

Tuttavia, è assolutamente necessario mettere a sistema quanto suesposto con l’art. 143 del Codice Civile, inerente i doveri coniugali scaturenti dal matrimonio.

Questo articolo, in particolare, dispone che dall’unione coniugale deriva l’obbligo reciproco dei coniugi alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione, aggiungendo anche che entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.

Ma cosa succede se, proprio a seguito della conversione religiosa, il coniuge viene meno al rispetto di questi doveri? Si potrebbe, a quel punto, ipotizzare l’addebito della separazione al coniuge che ha cambiato fede?

Pensiamo, ad esempio, al caso in cui, dopo aver abbracciato la nuova fede, il coniuge si disinteressi completamente dei bisogni familiari, smettendo di contribuire alla pulizia della casa o alla preparazione dei pasti.

Oltre a ciò, il coniuge inizia una vera e propria campagna di denigrazione e mortificazione dell’altro anche davanti ai figli, tuttavia non perdendo occasione per chiedergli denaro.

Sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione, sancendo che un simile comportamento è da valutarsi come contrario ed incompatibile con gli obblighi di assistenza morale e materiale e collaborazione familiare e, in quanto tale, suscettibile di essere valutato ai fini dell’addebito.

La Corte, partendo dal presupposto che entrambi i coniugi hanno uguali diritti e doveri e dal fatto che non è possibile pretendere che le faccende domestiche e la cura della casa e della famiglia siano imputate “unilateralmente” ad uno solo di essi, ha statuito che nel caso in cui la conversione ad un nuovo credo determini la violazione dei doveri coniugali da parte di un coniuge, e qualora questa situazione dia vita ad una crisi coniugale, allora si può ragionevolmente ipotizzare l’addebito della separazione al coniuge che, tra i due, venga meno alle incombenze derivanti dal proprio ruolo.

COSA NE PENSO IO?

Appurata e non contestata l’assoluta intangibilità della libertà religiosa di ciascun individuo, credo che sia fondamentale, come del resto in ogni altro ambito della vita, saper contemperare la propria individualità – comprensiva anche della propria fede religiosa – con l’individualità altrui, avendo sempre rispetto delle scelte e della vita di chi ci circonda, soprattutto quando nella stessa siano coinvolti anche minori che necessitano di essere tutelati al di sopra di qualsiasi dinamica genitoriale.

Questa è una rubrica di informazione e divulgazione giuridica che ha il solo scopo di voler contribuire a livello sociale alla conoscenza dei propri diritti in quanto è mia convinzione che solo così è possibile tutelarli efficacemente dal punto di vista legale.

Se avete delle domande o volete propormi un argomento di cui parlare, potete farlo scrivendomi all’indirizzo e-mail dirittoetutela3.0@gmail.com o compilando il form che trovate sul sito www.studiolegalefois.com.

Avv. Fulvia Fois



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